Cambiamento sociale

“Una volta che il cambiamento sociale ha inizio, è impossibile invertirne il corso. Non si può rendere di nuovo ignorante una persona che ha imparato a leggere. Non si può umiliare una persona che si sente fiera. Non si possono opprimere i popoli che non hanno più paura. Abbiamo visto il futuro e il futuro ci appartiene.” - César Chávez

domenica 9 novembre 2014

ACCAIERIE TERNI... NON E' TEMPO DI EROI

Luigi Trastulli*
ACCAIERIE TERNI... NON E' TEMPO DI EROI
di Vincenzo Baldassarri
Ieri ci siamo recati insieme ad una piccola comitiva a partecipare alla riunione el neo formato "comitato di lotta" delle acciaerie di Terni. Il tutto si è svolto in una piccola sala di palazzo Spada (palazzo sede del comune di Terni). Appena arrivati ci fanno sapere che il presidio di lavoratori che era presente di fronte al comune era appena stato smobilitato, poi abbiamo scoperto che sembrava non esserci il numero di persone che avrebbero dovuto presidiare. La sala del comune in cui si tiene la riunione è piccola e all'inizio neanche piena ma via via con il passare dei minuti si è riempita. Già dall'intervento iniziale dei lavoratori AST si capisce che l'aria che tira è di rassegnazione e di attesa per il famoso momento dell'editto dei sindacati che dovrebbe seguire alla trattativa di lunedi a Roma. Gli interventi dei cittadini che seguono sono variegati ma spesso più fiduciosi e più volenterosi di lotta di quelli degli operai che sembra vivano la cosa come una serie di eventi ineluttabili, insomma la paura per la perdita del
lavoro supera di gran lunga la volontà di lottare per i diritti acquisiti. Io stesso faccio un intervento spiegando che i diritti che vengono calpestati in quella vertenza non sono solo i loro (cioè degli operai dell'AST), ma che in realtà sono diritti di tutti e che se loro perdono la battaglia lì la sconfitta non sarà solo la loro ma di tutti e che quindi si deve lottare per i diritti e non sono l'unico a chiedere e a spronare una resistenza maggiore, ma la risposta è sempre la stessa, sfiducia, recriminazione verso altri operai che non partecipano attivamente alla lotta ecc., ecc.
Così sembra crollare il mito dell'indomita classe operaia, dopo 17 giorni di protesta la domenica ci si ferma troppo stanchi, troppo avviliti, si fa la protesta con le pause, con le domeniche libere. Certo non mi aspettavo di trovare un Chè o uno Spartaco ma anche il nonnino di Haidi sarebbe stato piu combattivo. Forse sono duro, forse il mio giudizio è esagerato e questi ragazzi, questi uomini mi smentiranno già domani, spero che sia così, intanto per adesso non è tempo di eroi in quel di Terni.

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*MOBILITAZIONE CONTRO LE NUOVE POLITICHE NATO E LE BASI MILITARI, IN RICORDO DELL’OPERAIO COMUNISTA LUIGI TRASTULLI, UCCISO DALLA CELERE DI SCELBA MENTRE PROTESTAVA CONTRO L’ADESIONE DELL’ITALIA ALLA NATO

Il 17 marzo 1949 si ferma per sempre la vita di Luigi Trastulli, ucciso dalla Celere di Scelba lungo le mura della fabbrica che giorno dopo giorno bruciava il suo sudore e la sua fatica nella locomotiva siderurgica della ricostruzione post bellica. Correva veloce quella locomotiva sui binari tracciati dal capitale statunitense. Attraverso un intenso sfruttamento della classe operaia successivo all’epurazione delle avanguardie rivoluzionarie realizzato con i massivi licenziamenti degli anni ’50, nel giro di pochi anni la produzione dell’acciaio avrebbe trainato il Bel Paese nel boom economico degli anni ’60, ma parallelamente avrebbe contribuito al riarmo dell’occidente sotto l’egida americana, alimentando una guerra senza fine giunta fino ai giorni nostri. Corea, Vietnam, e poi Guerra del Golfo, Belgrado ’99, Afghanistan 2001, Iraq 2003, senza contare la militarizzazione dell’intera Europa, prona alla logica della guerra fredda anti URSS ed ora asservita alla logica della “guerra infinita” e allo “scontro di civiltà” propagati dall’amministrazione Bush.

Quel giorno, a Terni, Luigi Trastulli e gli operai delle acciaierie scesero in piazza per opporsi alla stipula del patto Atlantico della nascente NATO, che, in barba alla fresca Costituzione e con il ricordo ancora vivido della tragedia bellica, impegnava l’Italia a farsi suddito ubbidiente e a trasformare l’Italia in una gigantesca testa di ponte dell’imperialismo U.S.A. contro l’URSS, proiettata sul mediterraneo, al controllo del petrolio e del Medio Oriente.

Quel giorno gli operai di uno dei più importanti poli siderurgici d’Italia, non scesero in piazza per i propri bisogni, nonostante l’inferno della fabbrica che caratterizzava la quotidianità delle loro vite. Al contrario compresero che il loro lavoro stava per essere piegato al servizio della guerra, non solo quindi sviluppo ma armi, in un connubio inscindibile tra espansione del capitale e logica della guerra inevitabile.

Quel giorno lo Stato non esitò a farsi assassino, per spaventare e reprimere, pronto a coalizzare tutte le forse reazionarie e fascistoidi che nella storia del nostro paese saranno mobilitate ogni volta che verranno messe a nudo le contraddizioni del potere e rivendicati i diritti fino in fondo.

Quel giorno è oggi, da allora tutto è cambiato ma è anche in qualche modo uguale.

Oggi che assistiamo ad un attacco indiscriminato al lavoro, ai salari, ai diritti (primo tra tutti quello di sciopero) e alle tutele in nome della deregolamentazione, del libero mercato o della “crisi”.

Oggi dopo anni di riduzione della spesa pubblica e di svendita dei beni comuni per fare cassa, s’immettono in un sol colpo miliardi pubblici per salvare le banche transnazionali dalla crisi che lo loro stesse hanno creato speculando.

Oggi che si smantella la spesa sociale, con un passo indietro di decenni, ma si investe massicciamente nelle spese militari e nella sicurezza, creando un allarme interno ed esterno che non serve altro che a delegittimare ogni movimento sociale, ogni sacrosanta resistenza alle pulsioni autoritarie di una democrazia in decomposizione.

Oggi come allora, le grandi mutazioni del capitale, prima espansive, ora di crisi, si accompagnano con la saldatura tra pochi interessi privati e rilancio del militarismo, con il peace keeping a senso unico (vedi Libano 2006), con la guerra preventiva inventata da Bush ma sposata anche dai “progressisti” sotto il nome di polizia internazionale.

Oggi come allora, anche a Terni il 21 marzo 2009 scenderemo in piazza, nell’ambito del programma internazionale di mobilitazione contro l’intensificazione della NATO e le basi militari, lanciato dal World Social Forum di Belem e dalla rete NO WAR.

Non per commemorazioni rituali, ma per strappare la memoria dalle celebrazioni mistificate che chiamano “morti per la pace” le esecuzioni “involontarie” di uno Stato troppo spesso al servizio dei potenti e avverso all’autodeterminazione degli individui, allora come oggi.

Allora come oggi, perché nel ricordo del 17 marzo del 1949 e delle molte altre “morti della NATO” che tra il ’49 e il ’51 colpirono il vasto movimento di protesta dei lavoratori in tutta Italia, come in quelle successive degli anni ’70 ed ’80, delle stragi di stragi di stato e delle esecuzioni di compagni/e, abita la memoria e la lotta del nostro presente.
Fonte: http://trastulli.blogspot.it/

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